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Trieste oltre Trieste
(Sintesi)
- Confndustria Trieste
di un sistema portuale, ed è, indubbiamente, uno degli elementi che hanno indotto
UniCredit e Maersk a presentare congiuntamente un progetto di sviluppo del sistema
portuale Trieste-Monfalcone.
I punti di debolezza
I punti di debolezza dello scalo triestino sono, per molti versi, simili a quelli di tutta
la portualità italiana; la legge 84/94 ha migliorato la situazione per quel che riguarda
l’apertura al mercato all’interno degli scali, ma poco ha fatto per quel che concerne
l’apertura al mercato degli scali, in proiezione esterna.
Le molteplici versioni presentate per modifcare la legge 84/94 affrontano solo mar-
ginalmente i reali problemi della portualità italiana e, anche se la bozza attualmente
defnita dovesse venir approvata nel testo fnale licenziato dalla Commissione, non
creerebbero le premesse per ridare competitività al sistema portuale italiano in un
contesto internazionale.
Si renderebbero, di conseguenza, necessari ben più signifcativi interventi, in grado
di rendere effettivamente interessanti per il capitale privato gli investimenti nello svi-
luppo delle infrastrutture portuali; un discorso analogo potrebbe venir proposto per
gli investimenti nelle ferrovie.
In termini specifci, lo scalo triestino soffre di carenza di spazi operativi che rendono
diffcile l’effciente organizzazione del lavoro portuale; i costi operativi dello scalo
risultano, di conseguenza, elevati, rispetto alla portualità concorrente, in particolare
nei confronti di Capodistria e Fiume.
Altro punto di debolezza dello scalo è rappresentato dalla qualità dei servizi ferro-
viari, che andrebbero potenziati a supporto di un’azione di rilancio.
Ulteriore problema è rappresentato dall’inadeguata organizzazione dei servizi, non
solo di quelli doganali, necessari nei porti per rendere fuido il transito delle merci; si
tratta di un problema annoso, non solo triestino, che penalizza la portualità italiana
nei confronti di quella straniera.
3.2 La riforma della legislazione portuale
Le tendenze aggregative che si stanno manifestando a livello internazionale, non
possono, peraltro, prescindere dalle diffcoltà che emergono per i porti italiani nel
continuo confronto tra il regime e le condizioni operative dei porti nazionali con
quelli sloveni e croati. Ciò mette in evidenza con urgenza la necessità di porre mano
alla riforma della legislazione portuale italiana per passare dall’introduzione della
concorrenza nei porti alla concorrenza fra i porti.
Sono tre i temi generali “assenti” dal dibattito in corso sulla legge di riforma che
occorre fn d’ora richiamare all’attenzione di Governo e Parlamento:
1) il principio di autonomia fnanziaria che consenta ai porti di disporre di un qua-
dro di riferimento certo per le proprie scelte infrastrutturali. Ogni Autorità Por-
tuale verrebbe messa in grado di rischiare in proprio, assieme ai propri conces-